Scritto il 01 Ottobre 2013
La montagna incantata di Thomas Mann non può essere definito un libro che tratta specificamente di psicologia, ma si inserisce a pieno titolo in questa sezione se si parte dalla affermazione di Freud secondo cui gli scrittori sono “alleati preziosi” nella “descrizione della vita interiore dell’uomo”. Ogni lettore ben sa quanto romanzi significativi nella storia della letteratura riescano a disegnare splendidamente per immagini e figure storie di personaggi e destini.
Nella letteratura classica entra in gioco l'identificazione coi personaggi, ci si può immedesimare, guardarsi dentro senza auto-inganni, riflettere, emozionarsi, si possono trovare analogie e richiami alla propria storia personale, accettare più facilmente difetti, errori o conflitti.
I grandi libri possono svolgere una funzione terapeutica poiché svegliano, scuotono, "costringono" all’ascolto di se stessi e mettono in viaggio il loro valore universale. Per farlo il lettore interpreta le opinioni di tutti i personaggi principali, ognuno dei quali, significativamente, rappresenta un particolare punto di vista.
A tutto questo porta la lettura de La montagna incantata che attraverso le vicende del protagonista, stimola l’introspezione richiamando molteplici tematiche che ogni essere umano incontra nel proprio cammino.
Inoltre le numerose digressioni e riflessioni da parte dei personaggi e del narratore presenti nel romanzo rimandano alla volontà del protagonista di capire, di assorbire tutto ciò che ha intorno obiettivo che ognuno di noi dovrebbe perseguire nella propria esistenza.
Hans Castorp, il protagonista, va incontro a varie esperienze che gli fanno prendere coscienza e sviluppare il suo rapporto con la realtà maturando un atteggiamento di profondo interesse con tutto ciò che ha a che fare con l’uomo.
Hans recatosi a trovare un cugino in sanatorio, finisce col restarvi, ammalatosi a sua volta, per sette anni. A contatto con il microcosmo del sanatorio, vero e proprio panorama di tutte le correnti di pensiero, il suo carattere subisce un'evoluzione e un incremento: passa attraverso la malattia, l'amore, il razionalismo e la gioia di vivere, il pessimismo irrazionale, senza che nessuna di queste posizioni lo converta. Ma in mezzo a tante forze contrastanti, Castorp trova il suo equilibrio. Scoppia la guerra nel 1914 e Hans viene strappato da questa magica e raffinata atmosfera per essere gettato sui campi di battaglia dove la sua sorte resta incerta, ma immersa in un clima di morte.
La morte è uno dei temi privilegiati dalla letteratura, che la descrive, la inserisce in un sistema complesso, la investe di valori etici e simbolici. Essa è caricata dall'uomo di tanti di quei significati che derivano dalla cultura e dalla coscienza collettive.
Ne La montagna incantata diventa tema fondamentale perché lo stesso protagonista ha un rapporto particolare con esso (fin dalla sua infanzia) e tutte le sue esperienze sono in qualche modo permeate da questa presenza.
Più della morte però è rilevante quello della malattia, così diffusamente trattato in letteratura che se ne può parlare come di un vero e proprio tema ricorrente. Di solito vissuta come un evento temuto, triste, nocivo, che ostacola la vita, ne La montagna incantata viene vista come un’occasione in più per l’esistenza e che addirittura è un principio geniale che rende all’uomo la sua libertà nel senso più ampio. E’ anche elemento che separa dal mondo della produttività, del lavoro, della guerra e che permette una riflessione filosofico-esistenziale sulla condizione umana e la maturazione dell'individuo.
L’aspetto filosofico viene trattato attraverso le discussioni tra due fra i più imponenti personaggi del libro: Settembrini e Naphta. Hans, pur non avendo una cultura e una capacità di ragionamento, nonché di espressione elevati, assiste allo scontro tra varie posizioni ideologiche scoprendo la vastità del pensiero dell’uomo.
Leggere, allora, può veramente dilatare lo spazio interiore, aiutare “la comprensione della natura umana e delle sue manifestazioni. Cosi come la letteratura e la critica letteraria hanno avvertito la necessità di ricorrere sempre più agli studi di Freud e di maestri quali Jung, e Lacan - come nel caso del surrealismo e degli scrittori del flusso di coscienza - allo stesso modo la psicanalisi si è rivolta all'opera di narratori e poeti per trovare conferma alle proprie teorie, con la consapevolezza, già espressa da Freud all'inizio del secolo.” (Gian Maria Annovi)
Infatti, secondo Freud, l’artista non farebbe altro che esprimere in forma intuitiva ciò che nella psicoanalisi è espresso in forma scientifica.
Il libro come strumento in psicologia è un concetto usato dalla Biblioterapia (Rosa Minnino; Marco Dalla Valle), termine coniato nel 1916 da Samuel Crothers quando parlò in un articolo del potere curativo dei libri.
“La Biblioterapia, la lettura di libri scelti nei percorsi terapeutici e di autoaiuto, ha due accezioni: una riferita alla psicoterapia, ossia l'adozione della lettura di libri scelti (saggi, romanzi, racconti, teatro, poesia, letteratura internazionale ), che aiuta la persona nell'elaborazione di contenuti cognitivi ed emotivi nel percorso terapeutico e nello sviluppo di risorse ed abilità empatiche, una tecnica integrata in psicoterapia; l'altra accezione si riferisce ai percorsi di autoaiuto, di crescita, educazione e di formazione psicologica del singolo e dei gruppi . Questa seconda accezione promuove nel tessuto sociale sinergie e strategie operative efficaci attraverso la partecipazione , la collaborazione e l’integrazione di Soggetti diversi, pubblici e privati, singoli e gruppi con l’obiettivo comune di promuovere la Cultura e la Salute.” (Rosa Minnino)
E’ possibile dunque che il libro stesso diventi “un altro luogo” condiviso da terapeuta e paziente, comunque parte di un programma terapeutico?
E’ una domanda complessa che riguarda la comprensione della natura umana e delle sue manifestazioni.
Certamente la psicoanalisi e la letteratura si muovono su questo stesso terreno e i libri riflettono immagini che abbiamo di noi stessi, della vita, degli altri. Offrono prospettive diverse, un nuovo modo di guardare e soprattutto le immagini che suscitano possono diventare una chiave che apre possibilità di “illuminazione” (insight) e di cambiamento terapeutico.
Come nella situazione analitica, il fenomeno del transfert si ripresenta, sia pure in forme meno vistose ed accentuate. Nella lettura di un libro ci si trova calati di fronte allo specchio del proprio immaginario dove il sistema di convinzioni e dimensioni inconsce può affiorare. L’importanza insita nella letteratura, consiste proprio nel far emergere nel lettore quel rimosso che altrimenti resterebbe sconosciuto, nel penetrare la realtà, nell’entrare in contatto con se stessi, cercando nell’esperienza di vita in cui si è immersi nuove prospettive di crescita.
Nessun commento a questa pagina.
Inserisci tu il primo commento usando il form qui sotto.
Centro Studi Addizionali copyright 2012 - 2024 Ver: 3.0 - Questo sito è gestito con oZone