Passaggio 2

Scritto il 01 Gennaio 2013

L'ospite copertina

Umberto Galimberti

L'ospite inquietante - Il nichilismo e i giovani

Feltrinelli

 

Molto è stato scritto sul libro di Umberto Galimberti “L’ospite inquietante” pubblicato nel 2007.

A distanza di sei anni questo saggio risulta più che mai attuale nel descrive lo scenario della condizione giovanile, se possibile, ancora più esasperato dalle vicende che attraversano il momento presente. Oggi è ancora più problematico, per i giovani, progettare il proprio avvenire per un lungo periodo in quanto si trovano a fronteggiare il ritmo accelerato del cambiamento con continue revisioni e adattamenti, immobilizzati nell’impossibilità di costruirsi condizioni economiche stabili e rassicuranti.

 

I giovani, esordisce l’autore, << anche se non sempre ne sono consci, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui.
Le famiglie si allarmano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo, dove ciò che si consuma non sono tanto gli oggetti che di anno in anno diventano obsoleti, ma la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa. Il presente diventa un assoluto da vivere con la massima intensità, non perché questa intensità procuri gioia, ma perché promette di seppellire l’angoscia che fa la sua comparsa ogni volta che il paesaggio assume i contorni del deserto di senso.
Interrogati non sanno descrivere il loro malessere perché hanno ormai raggiunto quell’analfabetismo emotivo che non consente di riconoscere i propri sentimenti e soprattutto di chiamarli per nome. E del resto che nome dare a quel nulla che li pervade e che li affoga? Nel deserto della comunicazione, dove la famiglia non desta più alcun richiamo e la scuola non suscita alcun interesse, tutte le parole che invitano all’impegno e allo sguardo volto al futuro affondano in quell’inarticolato all’altezza del quale c’è solo il grido, che talvolta spezza la corazza opaca e spessa del silenzio che, massiccio, avvolge la solitudine della loro segreta depressione come stato d’animo senza tempo, governato da quell’ospite inquietante che Nietzsche chiama “nichilismo” [...] >> (p. 12)

 

Dopo questa lucida introduzione, Galimberti passa ad analizzare tutti i fattori che caratterizzano il disagio giovanile: il disinteresse per la scuola, l’inaridimento del cuore, l’omologazione dell’interiorità, la seduzione della droga, i gesti estremi e insensati. Si sofferma quindi sulle tipologie delle generazioni nichiliste, sul  modo di intendere musica e danza e offre infine, non consigli o suggerimenti, ma uno spunto finalizzato al risveglio della simbolica giovanile che si realizza, per l’autore, nel riappropriarsi di quanto di energia si è depositato “nel sottosuolo dell'anima”, nel riconoscimento di quello che ciascuno di noi propriamente è, quindi della propria capacità.

L'esistenza è giustificata non dalla ricerca di un senso, ma dall'arte del vivere che consiste nel riconoscere le proprie doti e nel saperle mettere a frutto approdando così a “quell'espansione“ della vita a cui per natura tende la giovinezza e la sua potenza creativa.

Questa conclusione offre al lettore una prospettiva, una possibilità  di “salvezza” all’interno  di un quadro in cui la sensazione di malessere sembra prevalere su ogni altra all’interno di ogni singolo capitolo.

E’ realistico osservare quanto i giovani fatichino a sviluppare un progetto di vita, vederli vivere schiacciati sul presente, passando da un’esperienza frammentaria all’altra, abusando di droghe e alcol, senza riuscire a costruire un senso comune per la loro esistenza. In più essi sono sempre più oggetto e soggetti di un eccesso di consumo e destinatari di una quantità di messaggi “forzatamente” inculcati dai mezzi di comunicazione di massa, da falsi miti, dalla pubblicità e da stereotipi che lasciano poco spazio alla fantasia e alla creatività.

C’è inoltre da considerare la pervasività, in tutti gli aspetti della vita, delle strumentazioni multimediali ed in particolare del computer e di internet  che stanno profondamente

cambiando non solo le abitudini ma anche le modalità del pensiero. Le nuove categorie mentali sono quelle dell’interattività, della navigabilità, della virtualità, della ludicità e della digitalità.

I giovani, presi dalla morsa di questa società in continua evoluzione risentono di turbolenze e contrasti difficili non solo da capire ma anche da gestire.

 

Se dunque le variabili socio culturali coinvolte nel nichilismo di cui parla Galimberti sono così composite e complesse, è corretto considerare il giovane “portatore” del disagio o piuttosto egli è solo una “vittima” di una dimensione sociale mobile caratterizzata da incertezza, velocità, imprevedibilità?

 

E ancora, l’analfabetismo emotivo che non solo Galimberti ma innumerevoli studiosi pongono in primo piano, non è forse legato alla creazione di un legame di appartenenza e coesione, all’autostima, alla capacità di costruire rapporti significativi in un mondo senza più certezze, valori e scopi comuni in cui sembrano essere scomparse ragioni forti e coinvolgenti che dovrebbero stare alla base del desiderio di comunicare?

 

Le emozioni sono processi relazionali tra la persona e l’ambiente circostante <> (Whiterington et al., 2001)

 

Galimberti, pur sviluppando un’attenta analisi della condizione giovanile, nell’indicare la via d’uscita dal nichilismo sembra dare poco spazio a quei fattori relazionali che caratterizzano la crescita.

Si domanda lo scrittore: “Si può mettere alla porta l’ospite inquietante? Sì, se sapremo insegnare ai giovani l’arte del vivere, come dicevano i Greci, che consiste nel riconoscere le proprie capacità e nell’esplicitarle e vederle fiorire su misura”.

Ecco il punto: l’adulto deve farsi arruolare dal giovane. Un insegnamento presuppone un contesto e una relazione. L’ottica in cui porsi per andare oltre il  nichilismo non può essere circoscritta, ma esige uno sguardo di tipo sistemico, che tenga conto della complessità delle variabili che si vengono ad attivare nella vita di ciascuno di noi e alle modalità specifiche con cui si intersecano, si influenzano e si manifestano.

E’ nella relazione con l’Altro, con i coetanei e con gli adulti, che è possibile recuperare la capacità progettuale, ricostruire il senso delle esperienze vissute, guardare al futuro, in una parola

creare la propria identità come persona.

“L’ospite inquietante” è uno strumento utile per chi desidera conoscere più da vicino il  mondo giovanile nella nostra società. Un testo interessante, curato, indicato per tutti coloro che sono chiamati a sviluppare il processo di crescita adolescenziale: genitori, insegnanti, educatori, allenatori…

E’ importante che gli adulti sappiano essere testimoni credibili, capaci di aiutare i giovani a orientarsi tra le diverse opportunità che incontrano, a darsi priorità di valore, adulti capaci di rispondere alla domanda di senso posta dai giovani, di dare un significato alla convivenza, offrire una prospettiva, un orizzonte cui rivolgersi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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