The Next Day

Scritto il 12 Marzo 2013

David Bowie

Oggi, dopo dieci anni, esce l’inaspettato nuovo disco di David Bowie.

Un album con una copertina molto più bella del suo contenuto.

Per chi conosce la sua discografia sa che quello che si intravede dietro il quadrato bianco e il titolo del disco, The Next Day [1], è la copertina di Heroes (1977) l’unico vero  - per me -  capolavoro di questo artista.

Ma perché Bowie fa riferimento proprio a questo disco così lontano e in questo momento?

 

Il mutante David Bowie con la sua sintesi sfuggente, ammaliante ed equivoca tra vita e personaggio, tra arte e narcisismo, tra consumismo e comunicazione, con l'incertezza della sua "natura umana" e della sua identità sessuale, non mi aveva mai coinvolto. Avevo ascoltato Space oddity (1970) molti anni dopo la sua uscita (ero troppo piccolo a quel tempo e non avevo nessuno vicino a indicarmi la strada) e mi aveva lasciato indifferente: rock elettrico, allegro e leggerissimo, forse grintoso. Allo stesso modo il pop di Hunky Dory (1971) e il glam rock di Ziggi Stardust (1972).

Alla fine del 1976 David Bowie, così colpevolmente in ritardo nei confronti delle nuove forme musicali, era in cerca di nuovi stimoli capaci di farlo uscire dal vicolo ‘musicale’ cieco in cui si era cacciato. Gli bastò realizzare un album con Brian Eno, Low (1977), per gettare le fondamenta del successo che lo attendeva negli imminenti anni ' 80. Se è vero che in questo disco Eno, giunto negli studi a sessioni già inoltrate, si limita a qualche trattamento sulla seconda parte, rimane fondamentale la sua supervisione per la svolta data a tutto il disco dai suoi "umori musicali".

A brevissima distanza esce il nuovo album di Bowie: Heroes.

Per chi non ha mai ascoltato Heroes è difficile descrivere la profonda intensità delle sue note e per chi l’ha ascoltato senza sapere che dietro quelle note c’era la chitarra di Robert Fripp e la magia di Brian Eno forse si è solo perso nel mito del Duca Bianco.

Proiettato sullo sfondo di una Berlino spaccata in due da un muro simbolo della stupidità del genere umano, Heroes, inebriante allucinazione, è stato un successo.

Una spettacolare organicità e compattezza domina su tutti i brani. La chitarra cerebrale di Fripp improvvisata a orecchio su basi che non aveva mai ascoltato, le ossessive funeree armonie di Eno e, diciamolo, il "geniale melodismo" di Bowie uniti all'alchemico missaggio eniano, permetteranno al suono di raggiungere livelli personalissimi e inquietanti, un suono malato di una aggressività sfaccettata e sussultante, ma sempre espressione di una interiore, lirica unitarietà.

E tutto ciò non si sente neanche lontanamente nella ballad malinconica che domina questo ultimo lavoro più sperato che atteso e per forza esaltato.

 

David Bowie non è un artista che amo e se ho parlato di questo disco è solo perchè Bowie "si mette in gioco" con la copertina di Heroes.

 

Ma perché, ripeto, Bowie fa riferimento proprio a Heroes in questo momento?

Un’autocitazione, un ponte fra passato, presente e futuro, una transizione da uno dei momenti più alti della sua carriera ad una nuova ‘rivelazione’ artistica?

O forse vuole solo dirci che nei nostri tempi non ci sono più eroi?



[1] The Next Day si è potuto ascoltare gratuitamente fino a ieri su iTunes

 


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