Una specie di introduzione

Scritto il 01 Settembre 2012

FINESTRA

Di fronte a una sofferenza psichica molto spesso, nonostante l’apparente diffusione della cultura psicologica emergono pregiudizi e luoghi comuni ed è un dato inconfutabile quanto la maggior parte delle persone fatichi a prendersi cura della propria salute psicologica al pari di quella fisica.

Se ho mal di denti sicuramente mi rivolgerò al dentista il prima possibile, se ho un’appendicite acuta non esiterò a sottopormi ad un intervento chirurgico. Ben diversamente ci si pone in ascolto di un sintomo psichico. Ho paura di volare? Se sono costretto a farlo ricorrerò a strategie o  farmaci per superare la prova, se posso fare a meno di viaggiare in aereo mi asterrò dal farlo e ricorrerò a mille razionalizzazioni per spiegare questa difficoltà a me stesso e agli altri.

E’ infatti una convinzione molto comune quella secondo la quale ognuno conosce se stesso meglio di chiunque altro.

Cosa è che impedisce di  riconoscere i segnali che il nostro corpo e la nostra mente ci inviano per avvisarci della presenza di un malessere psichico?

Le motivazioni possono essere le più svariate.

La figura dello psicologo è spesso circondata da un alone di ambiguità, cattiva informazione, scetticismo. Fatti una chiacchierata con un amico, Non sprecare i tuoi soldi…, Sei diventato matto? sono frasi molto frequenti che si sente rivolgere “dall’esperto di turno” chi confusamente si appresta a chiedere aiuto. Per non parlare poi della presunzione (nel senso etimologico del termine) di essere tutti  un po’ psicologi!

Di fronte ad un cardiologo nessuno mai prenderebbe la parola in una conversazione per indicare la via più idonea per un intervento anche di routinaria esecuzione, ma ognuno sembra poter dire la propria se si tratta di un disturbo psichico.

In realtà la psicologia e la medicina sono specialità sanitarie che richiedono un percorso di studio lungo e aggiornamenti costanti. E’ semplicistico (e denota una grave mancanza di conoscenza) pensare di poter improvvisare professioni che implicano il possesso di strumenti e tecniche definiti dalla ricerca scientifica.

Inoltre, mentre prendersi cura della propria salute fisica con un impegno economico, talvolta gravoso, viene comunemente considerato giusto e dovuto, non altrettanto queste valutazioni sono riservate a chi spende per il proprio benessere psichico.

Continuando ad analizzare gli ostacoli  per cui persone sofferenti sul piano psicoemotivo esitano all’idea di rivolgersi ad un esperto, spesso è presente la convinzione che chiedere aiuto sia sinonimo di fallimento, ammissione di debolezza ed insieme può emergere la paura di confrontarsi con la sofferenza e il cambiamento.

Al contrario la sofferenza può costituire stimolo e occasione per  affrontare apertamente il proprio malessere. Possiamo considerare il percorso terapeutico come uno spazio di esplorazione dentro se stessi che permette di interrogarsi sul significato del disturbo, individuarne l’origine, non solo per sconfiggere  i sintomi ma soprattutto per riattivare un cammino di crescita personale e di sviluppo delle proprie risorse creative.

 


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